(...) Il suono è tutto: conduce l’emozione, la bellezza, la vibrazione, l’intenzione. Senza di esso, la musica si riduce a note più o meno belle, più o meno significative, ma che non ci catturano. Il violinista sa e vive tutto questo quando si trova lui stesso nei panni dell’ascoltatore. Produrre un suono puro, vibrante, duttile dovrebbe essere quindi il compito di ogni artista, lo scopo di tutta la sua vita. (...) L’assenza di mezzi sonori è quasi sempre responsabile dell’inibizione musicale, della mancanza di immaginazione. (...) Uno strumentista “afono” la cui voce musicale sia rotta perde le sue possibilità e, a lungo termine, si adagia in un modo di suonare mediocre senza potere di evocazione e senza curiosità. (...)
Il fatto di suonare uno strumento indipendente da noi non giustifica che la nostra sonorità abiti fuori di noi. Come per un cantante, il suono del violinista proviene dall’interno. Il nostro lavoro consiste infatti nel liberare il nostro suono, quello che possediamo virtualmente, cioè la nostra voce. Non c’è nulla da cercare altrove che in noi stessi. Il violinista concentrato, disponibile, che abbia realizzato la propria unità, è egli stesso un suono potenziale.
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da "Il violino interiore" di Dominique Hoppenot