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giovedì 22 febbraio 2007

Da molt'anni......

"Da molt'anni sono morti
i mandolini e le chitarre
ma questa notte
girano le serenate
tanto è antica la luna
e battono gli sportelli a gli androni
e risplendono i vetri
all'alte balconate"

LUCIO PICCOLO

(da "Plumelia, la seta, il raggio verde
Scheiwiller, 2001)

giovedì 15 febbraio 2007

Una lezione del m.o Guermandi


Sono in vacanza sulle colline del Cilento (Salerno) e, forte del consiglio datomi dal Presidente della FMI in occasione di un non lontano incontro, mi accingo a mettere nero su bianco circa un argomento che mi sta molto a cuore e che tiene occupata la mia mente da molti anni: il mandolino. Più precisamente la modalità, o le varie modalità sull'uso della penna, il plettro, per suonare questo caro strumento, che mi aiuta, oltre che dilettarmi, a vivere, e vengo al dunque.

Nel corso dei tanti anni della mia vita, ho consultato vari metodi e trattati che indicano come si deve tenere la penna fra il pollice e l'indice della mano destra e come la si deve usare per trarre melodie dal mandolino. Ne ho avuto grande beneficio e molta soddisfazione. Però, via via, mi sono accorto che, fra i tanti consigli e indicazioni, non vi è quello di cui mi preme parlare, cioè il rapporto fra la penna usata dall'alto in basso, che si indica comunemente con il segno " ^ ", o viceversa dal basso in alto con il segno " v ", e i tempi forti e deboli della melodia in corso di esecuzione, in special modo quando il movimento è in tempo Allegro, o anche in altri casi a cui farò cenno in seguito.

E spero di essere abbastanza chiaro nel dire che, in occasione della esecuzione di formazioni musicali, quartine o sestine, ecc., la penna dovrebbe essere usata dall'alto in basso sulla prima nota di ogni formazione e principalmente quando questa prima nota è in concomitanza con la prima nota della battuta.

Il salto di corda nella esecuzione delle note di una stessa quartina non si può evitare in talune composizioni, come ad esempio avviene nei concerti per mandolino di A. Vivaldi.

Debbo precisare che, a mio parere, tutte le note non soggette a tremolo vanno eseguite con la pennata dall'alto in basso.

E' immancabile che in ogni composizione musicale venga a trovarsi una frase in cui le modalità su esposte siano chiamate in causa (sempre a mio parere).

E concludo affermando che, al mio orecchio, la pennata dall'alto al basso trae dalla corda un suono diverso da quello ottenuto con la pennata dal basso all'alto; suono pieno, potente, anche delicato, se si vuole, nel primo caso; meno chiaro, meno incisivo, più debole nel secondo caso (sempre secondo mia opinione).

Orria Cilento, 4 agosto 2001

MARCELLO GUERMANDI

lunedì 12 febbraio 2007

Riflessione...


Nell’inizio di ottobre 2005 ricevetti una telefonata dalla sezione di collegamenti culturali e scientifici del ministero degli esteri israeliano in cui mi chiedevano se mi era possibile fare le valigie nel giro di tre settimane, partire da Gerusalemme ed andare in Italia per salvare gli studenti delle università di Ravenna e Bologna rimasti senza insegnante di ebraico. Tre giorni mi sarebbero bastati, ma all’amministrazione universitaria nemmeno tre mesi furono sufficienti e solo a metà febbraio venni in Italia. Potevo portare solo venti chili nel mio zaino ed esitavo su cosa aggiungere allo spazzolino da denti ed al fazzoletto (i libri erano stati inviati con la posta. Se e come arrivarono è un’altra storia). Mi chiedevo se avrei potuto approfittare del mio soggiorno in Italia per un’attività musicale, e così facendo una ricerca su “google” arrivai ad una fotografia incantevole ed a un indirizzo “I Mandolinisti Bolognesi”. Inserire un mandolino nello zaino? Inoltre i suonatori nei completi eleganti mi sembravano estremamente professionali. Cosa gli scriverò? Che giocavo col mandolino di mia mamma (fino agli anni Sessanta c’era nel mio villaggio, come in altri villaggi, un’orchestra di strumenti a pizzico in cui suonavano mia mamma, mio fratello, mio zio e mia zia)? Che non avevo mai suonato in un’orchestra e avrei voluto provare?
Persino il nome complicato della direttrice, Maria Cleofe Miotti, che conoscevo dai dischi, mi terrorizzava (dopo mi accorsi che “Cleo” bastava per la comunicazione basica, e che era molto carina). mi buttai e scrissi una lettera. Meravigliosamente (fenomeno molto raro nella mia corrispondenza con l’Italia) ricevetti una risposta. Una lettera molto amabile mi avvisò che mi aspettavano, senza audizione e senza condizioni anticipate. Dal primo momento trovai amicizia, un repertorio bello ed interessante, suonatori abbastanza bravi per godere suonare la musica, ma non troppo professionali per la buona amicizia.
Nel frattempo scoprii che avevamo un’orchestra gemellata a Parma ed un cantante napoletano fantastico: Gianfranco Tarsitano, ed insieme suonammo in tre concerti: due a Bologna (Oratorio San Filippo Neri) ed uno nella pineta di Cervia. Prima della Pentecoste ebraica cadde il primo anniversario del giorno in cui si suicidò mia mamma. Nella cerchia intima ed amichevole dei suonatori raccontai l’avvenimento e suonai la ninna-nanna che lei mi cantava prima di tornare alla mungitura notturna. Mi chiesero di farne una versione per l’orchestra. Trovai una versione per voce e pianoforte scritta nel ghetto/campo di concentramento di Terezìn (tedesco: Theresienstadt) nel 1943 dal giovane Gideon Klein (ucciso nel 1945). La sua versione servì come base per la nostra per strumenti a pizzico, e venne incorporata nel repertorio del nostro concerto natalizio (anch’esso nell’Oratorio San Filippo Neri) con la scusa che anche Maria cantava a suo figlio ninna-nanne ebraiche... L’integrazione della ninna-nanna nel programma è un’altra prova dell’amicizia dell’orchestra, per la quale sono molto grato.

Amnòn